Bechis scuote Venezia con le storie di indios
La Gazzetta dello Sport - 2 settembre
di Fabio Bianchi
Un film commovente sulla lotta di classe nel Mato Grosso: «Ogni cosa è vera»
LIDO DI VENEZIA. Dai desaparecidos dell’Argentina agli indios del Mato Grosso, in Brasile, desaparecidos viventi. Marco Bechis insiste sulla scomoda strada del film di denuncia con Birdwatchers, terza pellicola italiana in concorso a Venezia che convince e commuove. Da una parte i fazenderos, ricchi proprietari terrieri, dall’altra un gruppo di indios Guarani- Kaiowà, relegati nelle riserve e costretti a lavori saltuari da schiavi per sopravvivere.
Contatto. Sono mondi inconciliabili, ma non immuni da contaminazioni, come simboleggia la relazione tra un indio e la figlia del proprietario. Mondi che entrano in contatto-contrasto quando il capo tribù cerca di riprendersi la terra degli avi, come ha fatto davvero l’indio protagonista del film, Alvaro Vilhalva. Bechis: «Mi sono chiesto chi sono e cosa provano i sopravvissuti al più grande genocidio della storia. Qui gli indios non recitano loro stessi, ma quello che vedete è vero, suicidi compresi. Hocercato di mantenermi a metà tra documentario e film». Che, chiaro, prende una partemaconcede di valutare anche le ragioni del fazendero, che reclama i diritti della terra. Per tutta risposta, il capo tribù ne prende una manciata e se la mangia. Scena madre: la terra è sopravvivenza, la foresta il luogo per vivere la propria cultura. Vilhalva: «Marco ha cercato di conoscerci davvero. I suicidi? Non ne parliamo volentieri. I brasiliani pensano che succedano perché non vogliamo lavorare… Ma i ragazzi s’ammazzano perché non vedono speranze. Il film è una speranza». Eliana Juce da Silva, 19 anni, in conferenza stampa piange: «La nostra vita è triste: non abbiamo neanche l’acqua. Vogliamo una chance: abbiamo imparato a vestire e mangiare come voi, i bianchi sono rispettati, rispettate anche noi. Abbiamo bisogno di sostegno, e di avvocati».