In Casa Morigi la giornata degli «uomini rossi» del regista Bechis
Corriere della Sera - 10 settembre
di Santucci Gianni
Raccontano a Milano le ingiustizie del popolo dell’ Amazzonia
Gli «uomini rossi» sono a Milano. Alloggiano in Casa Morigi, antico palazzo nobiliare nel cuore di Milano. Sono tornati dal Festival del cinema di Venezia e portano avanti la propria missione: «Raccontare le ingiustizie che opprimono il nostro popolo». Ambrosio Vilhalva, 46 anni, è il leader di una delle famiglie che nel Mato grosso do Sul, Brasile, rivendicano il diritto alla propria terra. Quella su cui sono nati e che ora è invasa dalle coltivazioni transgeniche dei fazendeiros. Per «venire alla luce», gli indios Guaranì-Kaiowà si sono trasformati in attori nel film di Marco Bechis: «La terra degli uomini rossi». A Milano va in onda un filmato di mezz’ ora, interviste e backstage del film. C’ è il regista. Lunedì pomeriggio sono arrivate tre, quattrocento persone. Ospiti di Casa Morigi, palazzo del Seicento, oggi proprietà del Demanio, occupato dal 1976. Ci sono inquilini e associazioni. Hanno mantenuto e sistemato la casa per anni. Poi hanno fondato una cooperativa, «Architettura delle convivenze», per difendere il loro modello sociale. E ora sono in lotta con il Comune che vorrebbe sgomberarli. In Casa Morigi hanno sede il Movimento consumatori, il Servizio civile internazionale, collettivi di teatro e di flamenco. E poi Survival, l’ ente internazionale che sostiene i popoli indigeni di tutto il mondo. È questa associazione che segue gli «uomini rossi» diventati celebri con il film (www.guarani-survival.org). Gli indios hanno girato per Milano, visto il castello, passeggiato in centro. Ma in questo loro primo viaggio lontano dal Brasile sembra che non abbiano quasi tempo per distrarsi e per guardarsi intorno. Le parole di Ambrosio restano fisse sulla sua gente: «Le nostre terre devono tornare a noi». Lo ha stabilito anche il governo brasiliano. È in corso una battaglia legale. Gli indios non hanno mai avuto voce. Oggi possono parlare. Anche a Milano.
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