Un grido per gli indios
la Provincia Pavese - 10 settembre
VENEZIA. Gli indios ci guardano e, a giudicare da “Birdwatchers-La terra degli uomini rossi” di Marco Bechis, non gli piacciamo affatto. A dare voce ai Guarani-Kaiowa, costretti alla fame e all’estinzione in minuscole riserve nel Mato Grosso del Sud, è il terzo film italiano in concorso (in uscita oggi), quarto atto di una sorta di tetralogia sul Sudamerica del regista italiano nato in Cile (dopo “Alambrado”, “Garage Olimpo” e “Hijos”). Il film si apre con una sequenza tra le più notevoli viste finora alla Mostra: una piccola barca con alcuni turisti scivola su uno dei tanti fiumi che attraversano la foresta al confine tra Brasile e Paraguay. Sulla riva compare un gruppo di indios col volto dipinto che, con i loro archi, scagliano frecce. Passata la barca, gli indios se ne vanno, si rivestono con t-shirt e bermuda lisi e montano su un camioncino dopo aver percepito un compenso per la loro interpretazione. Si tratta di un gruppo di Kaiowa, la parte più numerosa dei Guarani (circa 30 mila: ma delle altre 224 tribù alcune sono virtualmente estinte perchè contano pochi membri) che vivono di espedienti perchè le coltivazioni intensive delle gigantesche fazendas hanno sottratto loro la terra dove vivevano, cacciavano e pescavano. Il fenomeno più tragico è quello dei suicidi tra i giovani, che preferiscono farla finita impiccandosi agli alberi piuttosto che sperare in una redenzione impossibile. Al confine di una di queste proprietà, stanco del piccolo spazio della riserva, decide di accamparsi, in segno di sfida, il gruppo guidato da Nadio (Ambrosio Vilhalva). A differenza di altri indios, Nadio combatte una battaglia ideale per riavere la sua terra e rifiuta i piccoli lavoretti di pochi giorni che i grandi proprietari offrono a basso prezzo ogni tanto agli indios entrando anche in contrasto con gli altri componenti del gruppo (tra cui la matura Lia e i più giovani Ireneu, Tito e Mami - Eliane Juca da Silva, che ha commosso il pubblico prima sullo schermo e poi nell’incontro stampa). La prova di forza di Nadio costringe il proprietario della fazenda e gli altri bianchi (la sua compagna Chiara Caselli, la figlia di lui, Maria, e un guardiano-spaventapasseri, Claudio Santamaria) ad entrare in qualche modo in contatto con gli indios. Tra incontri erotici interrazziali, provocazioni, violenze, tentativi di mediazione, Birdwatchers porta lo spettatore verso l’inevitabile tragedia non senza riservare uno spazio alla speranza. Percorso da un’evidente ispirazione politicamente corretta, sostenuto dall’associazione Survival, le cui campagne Bechis segue da anni, Birdwatchers non scivola però nella trappola del film a tesi: Bechis mantiene la giusta distanza e anche i fazenderos hanno modo di sostenere i propri diritti. Candidato ad un premio, il film dimostra ancora una volta (dopo “Gomorra”, per esempio) che la curiosità del cinema ha sostituito quella del buon giornalismo. Questo terzo film italiano in concorso si candida con forza ad un premio e potrebbe piacere molto al presidente della giuria, Wim Wenders. Bechis ha affermato: «Non c’è stato bisogno di inventare granchè, mi è bastato incontrare Ambrosio Vilhalva e parlare della sua storia».
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