I «soliti ignoti» che oggi vivono in Sri Lanka
Il Manifesto - 12 settembre
Il film amazzonico dalla parte dei Guaranì-Kayowa del regista italo-argentino Marcio Bechis (più radicale, almeno nelle intenzioni, di Mission e di Fitzcarraldo , perché mette al centro del sistema narrativo gli aborigeni drastici , come il miglior Herzog, anche se poi si tiene a distanza di sicurezza dalla loro potenza sciamanica), cioè La terra degli uomini rossi , è eccentrico rispetto al cinema italiano autorizzato e consentito, che obbliga a basare il sistema narrativo sulle «due camere e cucina patriottiche» (Ozpetek, Avati).
E istiga, se no niente finanziamenti pubblici, all’azione (o alla meditazione) circoscritta all’interno della famiglia nucleare, da omaggiare religiosamente (Pupi Avati) o da criticare laicamente (Ozpetek). Insomma, almeno da laggiù, dal Brasile, dove i nativi lottano in famiglia allargata anche contro Lula, per tornare nelle loro terre sacre e abbandonare le riserve aride, c’è un po’ di aria pura, sganciamento d’immaginario dalla spiritualità cristiano-gesuitica, e un po’ di rabbia, visto che 517 Guaranì-Kaiowa si sono suicidati negli ultimi 20 anni per protestare contro i fazendeiros criminali (Chiara Caselli e Claudio Santamaria ne fanno un’imitazione cinico-machista perfetta) e Bechis da lì parte. Birdwatchers , titolo internazionale del film, fa pensare anche a un altra opera «fuori schema», quasi italiano e altrettanto cosmopolita, che dopo Venezia esce ora nelle sale italiane. È Machan di Uberto Pasolini, il produttore di The Full Monty , che, prendendo spunto da una tragedia vera dell’emigrazione (letta sui giornali), sa condurci nei complici e complicati territori della commedia etnica non esotica, ambientando in uno Sri Lanka credibile (l’ex Ceylon è paese cinematograficamente illustre, grazie al mago Lester James Peries, attivo fin dal 1956) un film diretto con il piglio e i ritmi caldi di una banda paesana, con tanto di ottoni pesanti.
La povertà assoluta del paese (oltretutto martoriato da decenni da una guerra civile aizzata da altri), che ha avuto nel passato governi socialisti conseguenti, motivati e perfino trotskisti, e dunque è bene punire, viene ben rappresentata da questo mucchio assortito di disoccupati o mal occupati (poliziotti soprattutto), specialisti nell’arte di arrangiarsi: chi più scolarizzato, chi più misterioso, chi più ladruncolo, chi più stilista (trova a costo zero le magliette giallo-blu indispensabili per la foto ufficiale del team), chi è, letteralmente, senza tetto. È un gruppo di proletari della periferia di Colombo, perennemente smaniosi di visto d’espatrio (e regolarmente respinti dagli altezzosi burocrati tedeschi dell’ambasciata) ma non privi di ingegno e fantasia, che si autoproclamerà «nazionale cingalese di pallamano» (uno sport che in quel paese non gioca proprio nessuno), addestrandosi approssimativamente nei campi vicino alle bidonville, tanto, una volta invitati ufficialmente a Monaco e superata la dogana… Saranno guai, invece, in Germania, quando il piano ben congeniato va a gambe all’aria per un contrattempo e si tratterà di giocare davvero una partita internazionale, di fronte a un pubblico bavarese esigente, rischiando di perdere così l’onore… Il film, agghiacciante e esilarante, a parte la storiella, ci racconta la Storia, senza però farsene mai accorgere.
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