Intervista a Chiara Caselli
Il Messaggero - 30 luglio 2008
ROMA - «Sono davvero molto felice che il film di Bechis sia in concorso a Venezia: dopo una gestazione, che è stata lunga e difficile per tutti, mi appare come una specie di risarcimento. E sono fiera di aver interpretato un ruolo appassionante in un’opera così coraggiosa». Chiara Caselli parla di La Terra degli uomini rossi (Birdwatchers), in cui interpreta la moglie di un latifondista.
Siamo nel Mato Grosso do Sul (Brasile), oggi. I fazendeiros conducono la loro esistenza ricca e annoiata. Possiedono campi di coltivazioni transgeniche che si perdono a vista d’occhio e trascorrono le serate in compagnia dei turisti venuti a guardare gli uccelli. «Ora che ho ritrovato il piacere di recitare - racconta l’attrice - amo affidarmi a un regista, mi godo la sensazione di essere parte di qualcosa, le cui redini, però, non sono nelle mie mani. A volte è dura, certo. E con Bechis è stato difficilissimo: non solo ci ha chiesto di recitare in portoghese dopo appena tre settimane, ma addirittura di improvvisare in portoghese… una fatica micidiale».
Nel film, ai limiti delle fazendas, cresce il disagio degli indios, costretti in riserve, senza altra prospettiva se non quella di andare a lavorare in condizioni di semi schiavitù nelle piantagioni di canna da zucchero: moltissimi giovani si suicidano. E a scatenare la ribellione sarà infatti proprio un suicidio. Guidati da un leader e da uno sciamano, un gruppo di Guarani-Kaiowà si accampa ai confini di una proprietà per reclamare la restituzione delle terre. Due mondi contrapposti si fronteggiano. Si fanno una guerra metaforica, poi reale. Ma non cessano di studiarsi e di provare curiosità. Una curiosità che avvicinerà un l’apprendista sciamano alla figlia di un fazendeiro… «La donna che interpreto - continua la Caselli - dà lavoro agli indios, crede di essere democratica, nel senso che non maltratta i domestici. Ma la sua visione del mondo avrà una svolta soltanto quando vedrà gli indios lottare».
Chiara Caselli è un’attrice amata da molti autori considerati fra i più esigenti: ha lavorato con Francesco Maselli, Michelangelo Antonioni, Liliana Cavani, Gus Van Sant e Bechis. Eppure, ama mantenere un profilo basso: «Vivo una vita molto normale. Per esempio - racconta - ho dovuto affrontare un periodo davvero buio quando, dopo tantissimo lavoro, ho capito che il film di cui ero regista non si sarebbe più fatto. Una brutta esperienza. Ma mi sono risollevata: sono una che comunque cerca di andare verso la vita. Credo fermamente nel piccolo, grande eroismo della vita normale. Fra poco vedremo l’attrice ne Il Passato è una terra straniera di Daniele Vicari e in Mr Nobody di Jaco Van Dormael. Di recente l’abbiamo apprezzata in Cover Boy di Carmine Amoroso, dove interpreta quasi se stessa: «Ma - sottolinea - solo nel senso che nel film faccio la fotografa, non per il carattere del personaggio. Comunque, è vero, la fotografia è una delle mie grandi passioni e oramai al mio attivo ho quattro mostre, fra cui quella alla Contemporastudio Artgallery di Firenze, una doppia personale della pittrice-scultrice Lucianella Cafagna e mia, e quella alla galleria Micro di Roma. E chi sa cosa mi riserva il futuro.
R.Bott.
leggi questo e gli altri articoli sul Festival, sul sito de Il Messaggero (30/07/2008)